mercoledì 9 dicembre 2009

Quando il Nome Inganna

Credo se ne sia discusso già altrove, ma a volte penso che uno dei problemi legati al videogioco e alla sua riconoscibilità come prodotto infantile derivi dal suo stesso nome. La parola gioco viene infatti spesso accomunata a qualcosa utile ad intrattenere le persone senza però avere una valenza seria del concetto stesso. Non a caso difficilmente ci capita di pensare al gioco come a qualcosa che possa includere al suo interno sesso, violenza, guerra, sangue, letteratura, musica, game design o molti altri aspetti che spesso invece rappresentano la base di un videogioco. Leggo un libro, quindi faccio qualcosa di costruttivo, ascolto musica, per questo mi arricchisco, guardo un film e passo quindi due ore diverse dalla solita routine, ma quando "gioco" ad un videogioco per la maggior parte della gente vuol dire che sto facendo qualcosa di infantile o poco profondo, qualcosa comunque che non richiede particolari sforzi psico-fisici da parte mia, praticamente sto usando un giocattolo.
Ovviamente non è così (anche se la parola videogames ha un ovvio senso nel momento in cui si iniziò a programmarli), ma se al posto di videogioco si fosse utilizzato un nome quale "film o libro interattivo" probilmente si sarebbe partiti con un piede diverso.

lunedì 7 dicembre 2009

Quel Giochino Adolescenziale

Qualche giorno fa durante Studio Aperto (lo stavo guardando e non ho scuse, lo ammetto) è stato lanciato un servizio pseudo sportivo in cui veniva raccontata la storia di Andy Murray, mestamente lasciato dalla propria fidanzata perchè passava troppo tempo con i videogiochi. Tralasciando il discorso sul perchè una persona debba passare più tempo con i videogiochi rispetto allo stare assieme alla propria ragazza (ma il discorso può tranquillamente essere allargato a libri, film, musica e molto altro), mi ha fatto molto effetto il commento lanciato a fine servizio dal prode Davide De Zan, in cui questa situazione veniva descritta come il risultato del troppo tempo buttato via sopra un "giochino adolescenziale".
Sapete di quale videogioco si stava parlando? Call of Duty Modern Warfare 2! Un gioco per soli maggiorenni, di guerra, con aspetti e concetti che nulla hanno a che fare con il mondo adolescenziale ed in grado di vendere milioni di copie in pochi giorni dalla sua uscita sul mercato mondiale. Un giochino può fare questo? Erano tutti milioni di ragazzini? Un mercato che ha superato in fatturato sia la musica che il cinema può essere identificato con un target di soli adolescenti?
Ecco quindi l'ennesima dimostrazione in cui un "giornalista" sprofonda nella propria ignoranza ed invece che riportare la notizia scade nella più becera delle generalizzazioni aggiungendo commenti che nulla hanno a che fare con lo scopo del servizio e che dimostrano come, purtroppo, questo medium abbia ancora bisogno di tempo per affermarsi completamente e ricevere tutto il credito che merita.

lunedì 16 novembre 2009

Casual più Videogiochi uguale R4?


Potrebbe sembrare una forzatura ma è un discorso che reputo ben più radicato di quanto possa sembrare. Il concetto che mi frulla per la testa è molto semplice, la diffusione del medium videoludico tra le masse di non appassionati può portare queste persone a chiedersi una semplicissima cosa: "il videogioco mi piace ma non è la mia passione, perchè mai dovrei spendere 60€ o più per una cosa che reputo sì divertente ma anche superflua?" Il risultato è che moltissimi di questi utenti finali tendono ad acquistare modifiche o periferiche che permettono di utilizzare videogiochi o programmi non originali sulle loro console.
In questo caso parliamo di persone che non hanno una vera e propria passione per il prodotto, non lo collezionano, non ne conoscono la storia nè tanto meno il suo vero valore culturale, è semplicemente un passatempo che costa troppo. Non mi è capitato di rado vedere mamme o papà entrare in un negozio e chiedere informazioni sulla famosa R4, una semplice periferica che permette di utilizzare copie di back-up sul proprio DS. Per loro la richiesta era legittima, vedevano uno strumento semplice che avrebbe permesso loro di evitare spese ulteriori inuli lasciando comunque la possibilità a se stessi o al proprio figlio di giocare ancora.
Ci sono casi di persone che invece conoscono e capiscono bene le implicazioni che portano il dowload di materiale pirata e relativa modifica, ma per gli stessi motivi di cui sopra non hanno problemi a farlo.
E' ovvio che la pirateria sarà sempre diffusa e probabilmente non esiste un vero rapporto tra chi è appassionato e chi non lo è, ma è indubbio che l'allargamento del target di un prodotto, soprattutto tra chi fino a poco tempo fa non lo utilizzava neanche, possa portare ad un incremento anche "incoscente" del fenomeno della pirateria.

venerdì 30 ottobre 2009

Day-One or Day-Before

Una delle cose più singolari che ho imparato in questi anni di lavoro nel settore è stata la lotta, ormai enormemente diffusa, a chi fa uscire un videogioco prima del fatidico day-one. Il termine inglese utilizzato sta ad indicare il giorno esatto in cui un determinato titolo dovrà essere immesso e venduto sul mercato, una semplice regola che in altri settori esiste da tempo ed è praticamente sempre rispettata. Ovviamente, quando si tratta di videogiochi, questo non accade mai tanto che non è raro vedere un videogioco sugli scaffali di un negozio anche tre o quattro giorni prima del lancio.
Le cause e i carnefici? Molteplici a partire dalla concorrenza della GDO che con i suoi prezzi folli e vantaggi di distribuzione sta pracamente affossando il mondo retail che si vede quindi costretto a fronteggiare questa emergenza attraverso metodi di vendita discutibili. Risultato? Ora anche la GDO/GDS fa altrettanto, con un Grand Theft Auto Episodes from Libery City presente nei negozi Saturn un giorno prima del lancio o commessi di vari Gamestop che passano il prodotto "sotto banco" ad amici e parenti.
Avete mai visto un libreria vendere un Harry Potter due o tre giorni prima del lancio ufficiale? Siete mai andati al cinema a vedere un film giorni prima del suo lancio nazionale? Ovviamente no, ed escluse le anteprime nazionali, questa è una regola che viene sempre rispettata grazie ad un controllo e a settori strutturati in modo serio e competente.
Non sono qui ad affermare che quel settore sia meglio dell'altro, i problemi esistono ovunque, ma se da una parte molti di questi sono stati affrontati e risolti, nel campo dei videogiochi di strada da fare ce n'è veramente ancora tantissima.

lunedì 28 settembre 2009

La guerra dell'editoria videoludica

E' d'attualità e se ne sta parlando molto, una guerra che sta fecendo venire a galla storie di odio e amore come non ne leggevano da tanto tempo. Questo il mio intervento su di un blog in cui si continua a discutere animatamente:

"Ma onestamente, e lo chiedo a tutte le persone di questo blog, come pensate di poter parlare di “etica”, “rispetto” o “tabelle” quando è un intero sistema, quello del mondo videoludico in Italia, che va a puttane? Quando ti ritrovi direttori d’azienda, buyer, commerciali, direttori marketing, agenti (raccapriccio) e chi più ne ha più ne metta, che sono stati messi lì perchè nei magici anni 90 non c’era gente preparata o in grado di coprire certi ruoli e si scelse “quello che sa la differenza tra un pc e una console”. Quando un giorno ti trovi quella persona in Leader e il giorno dopo in Halifax, quando realtà che hanno fatto la “vera” storia del settore non sono neanche conosciute dalla stampa, quando l’editoria trade “seria” si chiama TIM o Gamestore, quando quello che è amico di quell’altro può farti vendere determinati prodotti perchè ci vai in vacanza assieme, quando la concorrenza sleale si chiama “catena americana”, quando le tangenti del nuovo millennio ora vengono semplicemente riassunte in un bel “contributo mktg”, quando la distribuzione è assassina e pretenziosa o quando guadagni 10€ dopo averne investiti oltre 300€ in una cavolo di console.
E’ il sistema marcio, non mi soprende leggere questo fiume di parole, nè di editori farlocchi che si spacciano per tali, ci vuole un bel reset, questo settore deve partire da ZERO con FACCE NUOVE. Siamo la sorella minore della politica Italiana."

giovedì 17 settembre 2009

Effetto Contrario

Stavo facendo la spesa al Carrefour (nota fucina di idee) quando mi è venuta in mente una cosa che reputo molto interessante. Ormai lo sanno anche i sassi, Nintendo con il suo Wii ha sdoganato il concetto di videogioco hardcore per portarlo nella casa di tutti grazie a titoli semplici ed immediati oltre a controlli praticamente accessibili a chiunque. Il famoso casual gamer, così è stato definito questo target, ha portato molta gente, soprattutto addetti al settore, a chiedersi una cosa abbastanza semplice: questo cliente diventerà mai un videogiocatore appassionato? Comprerà più giochi durante l'anno? Farà il grande passo e diventerà un hardcore gamer?
Tralasciando le ovvie risposte, mi sto rendendo conto che un processo esattamente contrario si sta sviluppando sempre di più. E cioè il passaggio da hardcore a casual! L'ho notato in persone che conosco e i motivi sono sotto gli occhi di tutti, meno tempo per giocare, possibilità di passare una serata diversa con la propria compagna/fidanzata/moglie/famiglia/amici, necessità di spendere poco (i giochi Wii in media costano 10/15€ in meno rispetto a quelli 360 o PS3) e mille altri motivi che non starò qui ad elencare.
Personalmente credo che alla stato attuale il mercato sia in grado di supportare senza problemi entrambi i target, ma ho sempre più la sensazione, grazie anche al cambiamento in atto di cui sopra, che la strada che verrà intrapresa non sia propriamente quella che più mi aggrada.

martedì 15 settembre 2009

Sempre loro

Sono appena tornato da un veloce visita al mio Gamestop di sfiducia. Entrato tranquillo ed uscito con l'orticaria. Detto questo e tralasciando le classiche banalità (giochi venduti aperti, prezzi dell'usato da usura e chi ne ha più ne metta), ho notato che ultimamente vengono proposti sempre più spesso giochi import provenienti da mercati paralleli come quello UK o USA. Certo che la cosa sia assolutamente legittima, mi chiedo come reagirebbero i vari distributori Italiani venendo a conoscenza della situazione, visto e considerato che in altre occasioni non hanno esitato ad alzare la voce contro piccoli/medi retailer del mercato. Sapete come? Faranno finta di nulla, perchè è troppo conveniente e perchè Gamestop porta in cassa sempre tanti soldi.
La cosa mi fa anche venire in mente un altro discorso, se anche una catena così decide di importare prodotti dall'estero, ipotizzando quindi abbiano un utile maggiore ed un prezzo al pubblico spesso più basso, non sarà che i nostri cari e vecchi (troppo a dirla tutta) distributori nazionali abbiano tirato un po' troppo la corda? Io ne sono certo, e l'importazione parallela ne è una dolce conferma.

GamePro chiude

Ci ho messo due mesi per decidermi a scrivere qualcosa, alla fine la chiusura di GamePro mi ha dato l'input per iniziare. Cosa dire, personalmente reputo la rivista una delle poche, se non l'unica in Italia, in grado di parlare di videogiochi in modo finalmente serio, dando a questo medium l'importanza che merita. Purtroppo, con la sua chiusura, ho avuto per l'ennesima volta la conferma che in Italia, per ora, non è possibile trattare l'argomento in modo serio, troppa disinformazione, superficialità e impreparazione, cosa che si riflette chiaramente anche nel modo in cui questo settore viene gestito. Partendo dall'editoria stessa per arrivare ai "piani alti" fatti di gente che difficilmente coprirebbe quel medesimo ruolo in altri settori dell'industria.
Sono e rimango comunque fiducioso, credo che nel giro di alcuni anni e con tante facce nuove qualcosa anche da noi si muoverà.
GamePro è morto, lunga vita a GamePro.